Ho scritto questo post perché impressionato dai cambiamenti facilmente visibili avvenuti in una zona a me familiare, in un periodo di tempo relativamente molto breve. Nell’immaginario collettivo le montagne sembrano immutabili, eppure non è così…
Ecco perché ci sono delle foto a confronto, qualcuna con pallini colorati per notare meglio le differenze.
Ci tenevo anche a dare il mio piccolo contributo a fare conoscere ulteriormente queste montagne che meriterebbero un maggiore riconoscimento, magari scoprendole percorrendo il Tour della Bessanese.
Di cosa si sta parlando
Il Tour della Bessanese è un trekking di alta montagna i cui colli di passaggio tra l’Italia e la Francia superano i 3000 m di quota. Normalmente viene suddiviso in tre tappe che collegano altrettanti rifugi. Poiché il circuito si trova in quota bisogna considerare una mezza tappa per salire ed intercettare l’itinerario. Naturalmente si può unire questo avvicinamento ad una delle tappe, oppure accorciare di un pernottamento effettuando dei tagli (o semplicemente camminando più velocemente). Così come si può allungare aggiungendo la salita a qualche vetta circostante o a qualche altro itinerario.
Il tragitto presenta un paio di passaggi classificati per escursionisti esperti, per il resto si tratta di sentieri di alta montagna ben segnalati. Tenere presente che ad inizio stagione si devono superare ancora parecchi nevai con l’adeguata attrezzatura ed esperienza. In generale, trovandosi a quote elevate, dove le condizioni meteo possono variare velocemente e con attraversamenti di pietraie o passaggi su pendii scoscesi la percorrenza è consigliata a chi ha un po’ di esperienza su questo tipo di terreni ed allenamento a dislivelli di oltre 1000 m al giorno.

Salendo al rif. Gastaldi dal Pian della Mussa
La mia esperienza sul Tour della Bessanese
Esattamente in questi giorni di agosto di dieci anni fa ero impegnato con tre nuovi amici a camminare su questo trekking; per me era la seconda volta (anche se al primo tentativo ero dovuto rientrare da solo perché al mio compagno era salito un febbrone da cavallo). In quell’occasione, visto che metà del gruppo era francese, partimmo da Avèrole. Ricordo lo stupore nello scoprire il profilo della “Bessa”, per me così familiare, irriconoscibile dal lato francese: dalla cima una lunga cresta scende verso il rifugio in maniera molto più dolce rispetto all’imponente versante che precipita quasi verticale per mille metri sul lato italiano, dove si trova il rifugio Gastaldi.
Ho ripercorso l’itinerario altre volte, ma quest’anno invece (2023), a fine luglio, per festeggiare il decimo anno di vita insieme, mia moglie ed io abbiamo deciso di rifare il trekking (eh, sì, durante quel trekking una di quei compagni di avventura diventò anche compagna per la vita) e confrontando le foto scattate allora con quelle di quest’anno alcune differenze saltano agli occhi….
Tappa da rif. d’Avérole al rif. Gastaldi
Nel 2013 affrontammo la salita dal lato francese carichi di energie e di entusiasmo, attraversando il ghiacciaietto sotto il colle des Audras senza neanche scorgere il ghiaccio secolare sottostante: nonostante fosse fine agosto, parte della copertura nevosa aveva superato il calore estivo, anche se già allora si era formato un laghetto di accumulo dell’acqua di fusione.
A fine luglio di quest’anno invece quel ghiacciaietto era ormai completamente scoperto dalla neve e più basso di diversi metri rispetto dieci anni fa.

Ghiacciaietto Audras (23/8/13 vs. 2/8/23)
La discesa dal Passo del Collerin è rimasta sempre la stessa: delicata per chi soffre il terreno instabile, ma una lunga corda fissa aiuta a passare.
Arrivando a Pian Gias quest’estate si può comprendere “in diretta” cosa significhi l’aumento delle temperature sulle Alpi: il ghiaccio presente sotto alle pietre è in forte fusione con il risultato che si vedono frane, pietre che si muovono per diversi metri al passaggio dell’escursionista, piccoli crepacci che si aprono poco sopra, sul versante esposto a Nord. Quel bacino, che un tempo raccoglieva il ghiaccio dalle montagne intorno, rimane comunque un ambiente affascinante, quasi magico. Con un po’ di immaginazione si riesce a capire il movimento di materiale, che c’è stato nel corso di lungo tempo, dalle pareti rocciose al fondo del pianoro.

Pian Gias scendendo dal passo Collerin (2/8/23)

Ghiaccio sotto la copertura di pietre in destra idrografica (2/8/23)
La gestione del rifugio Gastaldi è rimasta la stessa: il buon Roberto Chiosso accoglie tutti con simpatia e profonda conoscenza dell’ambiente alpino fornendo, a chi ne avesse bisogno, il giusto consiglio così come una piacevole chiacchierata. Dalla terrazza del rifugio si possono ammirare le vette della Croce Rossa, Punta Maria e Arnas (tutte abbondantemente sopra i 3000 m di altitudine): allo splendore dei loro profili, non si possono non notare i detriti sulla superfice dei loro ghiacciai.
Tappa dal rif. Gastaldi al rif. Cibrario
Dal rifugio Gastaldi per andare verso il lago della Rossa bisogna scendere alla base del Crot del Ciaussiné ed attraversare il rio Arnas (da qualche anno su un nuovo ponte di legno): questo è uno degli angoli più suggestivi delle valli a mio avviso. C’è un punto in cui l’acqua lattiginosa che arriva dalla Bessanese incontra quella trasparente della fusione della neve che scende dal bacino sopra rocca Affinau: per un piccolo tratto le due acque scorrono senza mischiarsi. Il colore biancastro è dovuto al trasporto del limo glaciale, cioè il materiale fino che il ghiacciaio ha “grattato” dalle rocce nel suo lento scendere verso il basso.
Alzando invece lo sguardo verso l’Uja di Bessanese si rimane stregati dal bianco tappeto di eriofori.
Sollevando un po’ di più la vista si osservano invece le morene laterale e frontale del ghiacciaio della Bessanese, nella parte più bassa abbandonate più di un secolo fa: ci si rende quindi conto che tutto quell’enorme volume vuoto era un tempo occupato dal ghiaccio.

Vista sulla morena della Bessanese
Proseguendo verso il lago della Rossa il panorama si allarga e si scorgono vette lontane (come il massiccio del Gran Paradiso) e ci si avvicina al Collarin d’Arnas. Qui c’è un breve passaggio in cui è installata una corda fissa contro la roccia per superare un piccolo salto. Ormai da alcuni anni per raggiungere il punto si cammina su pietraia, mentre una volta il nevaio persisteva fino alla base della parete rocciosa.

Passaggio con corda fissa prima del Collarin d’Arnas
L’ambiente giunti al Collarin d’Arnas è nuovamente emozionante con il suo piccolo lago e la cima della Croce Rossa in direzione del cammino. La meraviglia (soprattutto per chi passa per la prima volta) cresce ulteriormente allorché ci si affaccia sopra il lago della Rossa, grande bacino artificiale situato proprio sotto le pareti verticali della montagna. L’acqua è di un colore blu intenso. Ad inizio stagione non è raro osservare piccoli blocchi di ghiaccio galleggiare sulla sua superficie, mentre gli accumuli di nevai rimangono ai bordi anche al termine dell’estate.

Vista sulla Croce Rossa (24/8/13 vs. 31/7/23)
Anche l’accoglienza al rifugio Cibrario è sempre calorosa e particolare: il rifugio è infatti condotto a turni di volontari del CAI di Leinì che rendono l’atmosfera familiare, ogni gruppo alla sua speciale maniera. Gli stambecchi poi non mancano mai nei pressi della struttura: gli escursionisti possono aspettare la golosa cena seduti all’esterno ad osservarli.
Tappa dal rif. Cibrario al rif. d’Avérole
Il grande nevaio da attraversare all’attacco della salita verso il bacino glaciale della Lera quest’anno a metà agosto non era che un piccolo accumulo aggirabile (nel secchissimo 2022 era sparito ancora prima). Ma la fatica della salita viene nuovamente ricompensata con ambienti “lunari” e spettacolari.

Bacino glaciale della Lera (25/8/13)

Bacino glaciale della Lera (1/8/23)
Arrivati al colle Sulé si aprono nuovi orizzonti e (compiuta una ripida discesa) il cammino fino ai laghi ed al colle dell’Autaret è piacevole. Si incrocia infatti una vecchia mulattiera, passando a fianco a due postazioni militari abbandonate che fanno pensare ai sacrifici e alle difficoltà che giovanissimi ragazzi hanno vissuto in passato.
Da segnalare che subito dopo il colle dell’Autaret (versante francese) il sentiero originale è franato parecchio e per passare è necessario salire di qualche metro rispetto alla traccia originale e trovare il nuovo passaggio. Oltre si affronta una discesa in un lungo vallone sempre più verde e suggestivo, in cui lentamente si perde quota (sembra di non arrivare mai) per giungere infine al rifugio d’Avèrole, situato in una posizione stupenda poco sopra la confluenza di tre vallate.

Glacier de derriere le Clapier (25/8/13)

Glacier de derriere le Clapier (1/8/23)
In conclusione…
Un aspetto affascinante di percorrere un itinerario di più giorni è quello di incontrare tanti altri camminatori da diverse parti d’Italia o d’Europa e passare del tempo nei rifugi a confrontarsi: dapprima si affrontano aspetti tecnici del tour o di altri cammini, ma spesso si passa a condividere riflessioni più profonde.
Naturalmente in dieci anni non sono cambiate solo le montagne, anche i volti degli escursionisti che quasi annualmente tornano sono invecchiate, ma spero che rimanga il sorriso di trovarsi in uno splendido angolo di mondo. Per fortuna oltre ai “soliti noti” ho incontrato in questi anni anche molti giovani!
Mi auguro di incontrarvi ancora sui sentieri delle valli di Lanzo.
Andrea

2013 vs. 2023
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