I nomi scientifici con i quali gli scienziati hanno catalogato gli esseri viventi possono sembrare ai “non addetti ai lavori” qualcosa di freddo e incomprensibile, ma servono per poter identificare in maniera precisa ogni singola specie in modo che non ci sia confusione.
Nel linguaggio parlato invece lo stesso termine in diverse regioni spesso indica specie differenti. Così quando si parla di cicoria o asparagi selvatici si rischia di raccogliere erbe differenti in base a dove ci si trova. Un altro esempio, perfetto per questa stagione è il vocabolo “Bucaneve” con il quale molti indicano indistintamente tutti i primi fiori che spuntano nei prati, quando la primavera non è ancora pienamente arrivata.
Qual’è il vero bucaneve?
Il vero bucaneve è però il Galanthus nivalis L., pianta bulbosa dal bellissimo fiore bianco pendulo. Il nome del genere “Galanthus” deriva da due parole greche che significano fiore bianco, mentre l’epiteto “nivalis” si riferisce alla precocità della fioritura. Il bucanece è diffuso in molte regioni italiane dal livello del mare al piano montano, ma nelle valli di Lanzo Aldo Chiariglione* ne segnala solo una stazione nei pressi della frazione Villaretti di Lemie, con la nota che probabilmente si è diffuso a partire da qualche giardino.
Diverse sono le leggende abbinate a questa pianta che nel linguaggio dei fiori simboleggia la Speranza. Alfredo Cattabiani in “Florario. Miti, leggende e simboli di fiori e piante” cita i proverbi: “Una primavera senza bucaneve vuol dire un’estate senza frutti” (forse perché necessita di terreni umidi) oppure “Basta raccogliere un fiore di bucaneve nella prima notte di luna piena dopo la fine di gennaio per essere felici tutto l’anno”. Più famose sono le leggende cristiane legate alla cacciata dall’Eden di Adamo ed Eva.
Durante le escursioni mi ritrovo spesso a dover correggere le persone che, in questo periodo alla vista di una estesa fioritura di fiorellini bianchi, esclamano: “Che belliiiiiii… i bucaneve!”. Solitamente a quel punto la gente mi risponde indispettita, spiegandomi che li ha sempre chiamati così e quello è il nome corretto, indipendentemente da cosa dicono i libri di botanica!
Nel caso incontraste i bucaneve, ti ricordo che è una specie a protezione assoluta, secondo la legge regionale 32/1982. La motivazione è che fiorendo in un momento in cui non ci sono molte altre fioriture è stata raccolta in abbondanza in passato.
Ma cosa abbiamo visto quindi?
Nelle valli di Lanzo, in media/bassa montagna i fiori bianchi, bulbosi, che assomigliano ai veri bucaneve sono i “Campanellini di primavera” o falsi bucaneve, ovvero Leucojum vernum L. I fiori delle due specie a prima vista potrebbero confondersi (soprattutto se non si possono confrontare direttamente), ma i tepali dei campanellini sono tutti uguali e con una evidente macchia verde in punta.
Qualcuno infine chiama bucaneve anche i crocus (zafferano selvatico), che invece hanno in comune con i precedenti solo il fatto che foglie e fiori spuntano da bulbi situati poco sotto la superficie del terreno. La struttura del fiore è invece molto differente e si trovano individui con i tepali bianchi oppure viola mischiati insieme.
Queste piante, insieme a molte altre come ad esempio i denti di cane e le pervinche, colorano di tanti colori i nostri boschi per un breve periodo tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, quando la chioma degli alberi è ancora spoglia. In questo modo sfruttano l’energia del sole per completare velocemente il loro ciclo riproduttivo, prima che le foglie sui rami li mettano in ombra. Da quel momento lasceranno lentamente seccare la parte aerea, per risbocciare l’anno successivo.
In ogni caso camminare tra i vivaci colori di queste piante, che risaltano nei colori spenti dell’inverno, è un’esperienza che mette di buon umore.
*Aldo Chiariglione, “Flora delle Valli di Lanzo”, 2022, Cierre Edizioni.
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